SARDEGNA OUTBACK: di 3 giorni nel Supramonte, avventura nelle montagne tra Cala Sisine e Cala Luna

GIORNO 1

Giovedì 30 aprile il 43-van con a bordo 6 valorosi escursionisti, 5 uomini ed una donna, ed i loro enormi zaini si sta imbarcando a Livorno. L’imbarco in un traghetto accentua sempre la sensazione di viaggio, di distacco ma questa volta la consapevolezza della destinazione finale ci fa sentire forte e chiaro di essere all’inizio di una vera spedizione. Gli zaini enormi nel furgone, i nostri vestiti da escursionisti, i nostri sacchi a pelo distesi nel ponte per  affrontare il pernottamento e la traversata ci fanno sentire decisamente diversi dai vari gitanti che si andranno ad accomodare nelle loro cabine. Quando nei corridoi della nave incontriamo qualcuno che riconosciamo essere uno della tribù dei viaggiatori-escursionisti,  gli sguardi hanno un lampo di intesa, di intima simpatia come facilmente ci può essere tra anime che condividono le stesse emozioni. 
Il mattino successivo alle 7,30 il glorioso Vito Mercedes zebrato già trotta verso sud, destinazione Cala Gonone. Il vecchio amico Gianfilippo ci aspetta al porto con uno dei suoi bellissimi gommoni.  Lui è già abbronzato come se fosse agosto. Ha la fortuna di vivere in questo paradiso di sole e natura e di fare un lavoro che gli fa ammirare tutti i giorni questo tratto di costa incantato: 30 km di scogliere e cale protette da un entroterra impenetrabile. Carichiamo le nostre some nella veloce imbarcazione  e in pochi minuti il giovane nocchiero ci  fa volare fino a Cala Sisine.  Il meteo ed il mare sono perfetti e branchi enormi di velelle si fanno trasportare da una brezza a noi impercettibile ma sufficiente al loro lento ed inesorabile viaggiare. Sbarchiamo nella magnifica e selvaggia spiaggia facendo con la manina ciao-ciao a Gianfilippo e a tutti gli agi e le sicurezze del nostro mondo civilizzato. Cala Sisine è infatti una piccola baia che si affaccia nel bel mezzo del golfo di Orosei, raggiungibile solo via mare o dall’interno con un trekking di varia lunghezza in relazione alle condizioni di una pista in parte carrozzabile. L’entroterra di questo gioiello è un labirinto di 6 enormi canyon che risalgono verso quello che è genericamente chiamato Supramonte di Baunei oltre 200 kmq  di roccia e macchia, una zona in cui il calcare è stato scolpito e sconvolto dall’acqua e dal vento; un angolo di mondo dove il tempo ha fatto diventare, quella che milioni di anni fa era una barriera corallina, un paradiso per escursionisti, arrampicatori e speleologi, che qui hanno un terreno di esplorazione e di avventura senza pari in Italia.
Con i nostri bei fardelli cominciamo a risalire la codula (gola, canyon) principale che dopo un’ora abbiamo abbandonato per entrare nel Bacu (altra parola per indicare una forra) di Montelongu. Qui  non c’è un vero e proprio sentiero e si cammina su un greto di torrente asciutto, prevalentemente su ciottoli di medie dimensioni, sempre malfermi. La progressione richiede attenzione ad ogni passo, il cui appoggio deve sempre essere valutato. Dalla spiaggia guadagniamo  progressivamente quota, dapprima in maniera modesta e poi via via sempre più decisa. Tratti più semplici si alternano a risalti in cui bisogna inventarsi il passaggio in un caos di massi e rovi. Dopo 2 ore di cammino la sensazione di essere completamente isolati si è già radicata dentro, senza che neanche ce ne rendessimo conto.  Siamo già parte del tutto, la progressione in questo terreno così difficile non ha il sapore di una lotta o di una conquista. La roccia e la macchia ci lasciano passare e noi ci scorriamo dentro.  Anche le parole per descrivere la maestosità dell’ambiente dopo i primi minuti di meraviglia diventano superflue, quasi come se la bellezza fosse ora una caratteristica inevitabile di questo posto.  Le pause che facciamo ogni 2 ore di cammino ci servono per integrare i liquidi e le energie usate e per avere, almeno per qualche minuto, una maglietta asciutta sulla pelle. Sono circa 25 gradi infatti ed ogni volta che ripartiamo la maglietta si riinzuppa di sudore dopo pochi passi. Gli ultimi 250m di dislivello, dai 600 agli 850 sommitali, si svolgono quasi esclusivamente su un ripido ghiaione che termina con alcuni semplici tratti di roccia. Abbiamo raggiunto l’altopiano che divide la Codula di Sisine dalla Codula di Luna ed ora procediamo prima in una zona di macchia bassa con filliree che sembrano cesellate da un giardiniere-artista.  I cespugli progressivamente diradano lasciando il posto alla roccia e a fioriture sterminate di asfodeli.  Ci sentiamo così come le anime del purgatorio greco: non siamo né buoni né empi ma anime semplici che si aggirano  in un luogo fuori dal mondo e dal tempo. Sull’altopiano abbiamo decisamente cambiato direzione di marcia: dalla direttrice prevalente est-ovest del Bacu Montelongu, abbiamo preso verso nord, andando a cercare la testa di valle di un canyon grossomodo parallelo a quello che abbiamo appena risalito. Infatti dopo un paio di km intercettiamo il bordo piuttosto netto del Bacu Addas. Da qui c’è un’ottima visione d’insieme di tutta la zona e lo sguardo spazia fino al mare, quasi 900m. più in basso ed  8km ad est.  Lasciamo l’altopiano ed entriamo in questa nuova gola cambiando nuovamente direzione.  Questo bacu ci condurrà infatti indietro fino al mare e la sua direzione ovest-est è evidente.  La discesa si presenta subito decisa e dopo circa mezz’ora l’ambiente roccioso della piana sommitale ha già lasciato completamente il posto ad un terreno con suolo sufficiente a dar vita ad un bel bosco di lecci. Sono le 18 ed ai resti di una carbonaia ci fermiamo e la eleggiamo a nostro bivacco per la notte. La prima necessità, appena tolti i bagagli da 18 kg dalle spalle, è togliersi anche gli scarponi dai piedi e successivamente gli abiti bagnati ed asciugati dal sudore diverse volte durante la giornata. Con abiti freschi e scarpe basse sembra quasi di essere puliti davvero. Allestiamo il campo liberando la carbonaia da sassi e mettendo dei teli leggeri da albero ad albero a mo’ di tenda. Da ultimo accendiamo il fuoco per la cena. Anche se di valore poco più che simbolico, consumare qualcosa di cucinato offre un conforto al cuore ed i pochi alimenti semplici che mangiamo ci sembrano un dono. Qui si apprezzano in maniera completa le cose basilari del vivere e ci si rende conto di quanto ciarpame superfluo ci sia nella vita ordinaria.  Così è anche per il riposo: andiamo infatti a dormire perché siamo stanchi, vera stanchezza del fisico, delle gambe e delle spalle che hanno bisogno di stare ferme. La testa è così sgombra e felice che potrebbe continuare, sembra che non abbia bisogno di staccare. Niente la preoccupa, niente la assilla. Qui non ci sono convenzioni false che ci opprimono o tempi stretti che martellano. Il ritmo lo scandisce il sole, la fame ed il bisogno di riposare. Ad un certo punto della notte l’aria è completamente ferma, il silenzio assoluto, la luce della luna sembra eterna. Tutto è perfetto. Improvvisamente un sottile refolo di vento arriva sulle nostre facce. Non si sa da dove e perché è arrivato…