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SARDEGNA OUTBACK: spedizione di 3 giorni in Supramonte tra Cala Sisine e Cala Luna

E’ arrivato il terzo giorno. Una semplice colazione con caffelatte, pane e marmellata e ripartiamo per percorrere le 4 ore di marcia che ci condurranno a Cala Luna. Caricare per il terzo giorno i nostri zaini sulle nostre groppe doloranti è una sensazione difficile da spiegare. Appena gli spallacci vengono a contatto con la pelle sembra che questa, infiammata dalle molte ore di abrasione, non possa sopportare questo peso che per pochi minuti. Ma in breve il corpo si adatta; domato dall’abitudine e dalla necessità è anestetizzato proprio nelle parti più doloranti. Per raggiungere Cala Luna, distante in linea d’aria non più di 4 km da Cala Sisine, il sentiero si allontana dalla linea di costa. Questa infatti, come in tutta la  parte del Golfo di Orosei tra Cala Gonone e Santa Maria Navarrese, è così drammaticamente intagliata, scoscesa e tormentata da essere assolutamente impenetrabile da sentieri. E dunque la via più breve ci porta in alto, fino a 600m.

Il caldo oggi è quasi estivo e i tratti dentro l’ombra della macchia sono una benedizione. Quasi alla quota massima incontriamo i resti del bell’ ovile Sacciderano. Ci concediamo una pausa in questa radura che è un balcone sul Tirreno. Ci viene spontaneo chiederci, pensando a coloro che passavano gran parte della vita quassù, se e quanto fossero consapevoli del paradiso che li circondava. Probabilmente la maggior parte dei pastori viveva tutto questo come una condanna ma sono sicuro che qualcuno tra loro riuscisse a vivere nella pienezza e nell’armonia. Osserviamo sa pinnetta (la capanna dove viveva il pastore) abbastanza ben tenuta, ora bivacco di fortuna per escursionisti. I resti del recinto per le capre, sa corte, per quanto ancora ben evidenti sono malmessi. Nella radura intorno a queste semplici costruzioni si vedono piccoli lembi di terra strappati alla roccia, ripuliti dai sassi per poter offrire un modesto orticello. Anche alcuni bei blocchi di calcare sistemati sotto ad un paio di lecci secolari suggeriscono che quell’angolo era ritagliato per i pochi momenti di riposo e, a seconda delle due visioni anzidette, di maledizione o contemplazione. Prima di ripartire ci soffermiamo qualche minuto a cercare ed osservare magnifici depositi di fossili incastonati nel Calcare Massiccio.
Poco dopo l’ovile il tratto in salita è terminato e  cominciamo la discesa, ora tutta al sole, ma ancora una volta la marcia è allietata da una brezza leggera. E poi, come sempre, la bellezza dei panorami sul mare ed il contrasto fra il grigio del calcare, il verde della macchia ed il blu del cielo e dell’acqua, fanno dimenticare caldo, fatica e dolore ai piedi. Alla nostra destra gli scorci sulla scogliera rivelano una morfologia incredibilmente articolata. Questa terra che sembra sempre rivelare solo una parte di sé, facendo intuire che quello che non si vede sarà ancora più bello di ciò che è evidente, innesca la stessa inevitabile trappola dell’innamoramento tra le persone: non siamo mai soddisfatti di ciò che abbiamo scoperto e non possiamo fare a meno di voler continuare a conoscere e capire, certi che troveremo sempre e ancora qualcosa di bello. E chi ha questo sentimento non può fare a meno di tornare qua.

Quando arriviamo a s’Archeddu de Luppiru il calcare ci regala una visione. In una enorme e sottile parete il tempo ha aperto un foro di circa 15 metri di diametro! Una cornice che non si sa se contiene il mare, la costa e il profilo di Cala Gonone oppure noi, piccoli bipedi; una quinta di teatro in cui non è chiaro se sul palco c’è il paesaggio o ci siamo noi. Sì perché tutto quello che ci circonda forse non è il protagonista, è molto di più: si ha proprio l’impressione che siamo dei miseri personaggi inconsapevoli, osservati e giudicati da questo Supramonte vivo e forte, che ha deciso di accoglierci nel suo grande teatro.
 Vincenzo, un amico geologo, ci è venuto incontro a piedi e con lui scendiamo fino alla tanto attesa Cala Luna, spiaggia dall’aspetto caraibico che presto ci si rivela in tutta la sua bellezza. Vincenzo ci fa una breve lezione sulla geologia di questa parte dell’isola e ci presenta le meraviglie ed i motivi delle sorgenti  del Supramonte. Proprio qui a Cala Luna c’è una sensazionale risorgiva di acqua dolce in mare!
Ci facciamo un giro ad ammirare le grotte sulla spiaggia e poi un tuffo in mare. Infine un bel bagno rilassante nell’acqua tiepida della retrostante laguna di acqua dolce ci fa sentire vicino l’epilogo di questa spedizione.
Non ci rimane che aspettare Gianfilippo e caricare nel suo gommone in nostri corpi stanchi ed i nostri zaini ancora un po’ alleggeriti. Prima di rientrare a Cala Gonone facciamo la brevissima deviazione alla risorgiva che Vincenzo ci ha descritto. Il nostro Caronte sardo dà sfoggio di tutta la sua bravura: infatti con mare mosso si infila con la prua del gommone nella grotta da cui esce acqua dolce. La manovra è millimetrica e la maestria del marinaio ci lascia sorpresi quanto la meraviglia di bere acqua dolce in mare! Sfilato il fuoribordo da quell’angolo stretto e pericoloso lasciamo definitivamente Cala Luna. 

Arrivati a Cala Gonone decidiamo di mangiare appena possibile. Ci mettiamo abiti decenti, carichiamo il fido 43-van ed arriviamo veloci a Dorgali dove  6 insalate e 6 pizze mettono tranquille le nostre pance che durante la giornata si erano accontentate di un panino, una mela e tanta acqua.
Entrando nel traghetto al porto di Olbia molto più intensa che all’andata abbiamo quella sensazione di sentirci diversi dagli altri viaggiatori. Ora c’è anche fierezza, quasi presunzione di aver fatto un’esperienza fuori dal comune. Dormire in questa moquette ci pare una comodità quasi eccessiva dopo il calcare affilato del Supramonte.
Il viaggio e la notte scorrono veloci.
Sono le sette e trenta di lunedì mattina quando sbarchiamo a Livorno.
Rientrando a Siena siamo talmente soddisfatti che una metà del gruppo alle dieci sarà sul posto di lavoro.